05.12.24

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È vietato calpestare i sogni

Nascosta tra le pittoresche colline della Calabria sorge l'Abbazia di Santa Maria di Corazzo, un monumento che racconta secoli di storia e spiritualità. Tra i luoghi più suggestivi della nostra regione, fondato originariamente dai benedettini nel XI secolo sulle rive del fiume Corace, questo luogo sacro ha subìto diverse trasformazioni nel corso dei secoli.

Ricostruita con magnificenza dai cistercensi nel XII secolo, l'abbazia è stata sottoposta alle devastazioni della natura, prima con il terremoto del 1638 e poi con il disastroso sisma del 1783. Questi eventi hanno segnato un declino graduale, portando infine all'abbandono progressivo del monastero e al saccheggio delle sue preziose opere d'arte.

Le rovine dell'abbazia, testimoni mutevoli del passare del tempo, si ergono oggi a Castagna, una frazione di Carlopoli, al confine con Soveria Mannelli. È qui che la storia di Santa Maria di Corazzo si intreccia con quella di Gioacchino da Fiore, il quale indossò l'abito monacale e divenne presto abate del monastero.

In questo sito di pace e contemplazione, Gioacchino da Fiore scrisse le sue opere principali, assistito dagli scrivani Nicola e Giovanni. Tuttavia, la sua dedizione alla teologia lo portò spesso lontano dall'abbazia, fino a quando nel 1188 fu sollevato dal Papa dal suo incarico di guida, affiliando l'abbazia ai cistercensi di Fossanova.

Il legame tra Gioacchino da Fiore e Santa Maria di Corazzo si interruppe definitivamente quando il monaco si trasferì in un luogo di pace chiamato Pietralata, per poi fondare la Congregazione Florense a San Giovanni in Fiore nel 1189. Questa nuova congregazione religiosa, approvata da Papa Celestino III nel 1196, segnò una nuova fase nella storia dell'ordine monastico.

Dopo la morte di Gioacchino, l'abbazia fu oggetto di controversie per i diritti di proprietà, risolti grazie all'intervento del pater abbas sambucinese Bernardo e dell'imperatore Federico II, a favore della congregazione di San Giovanni in Fiore.

L'impianto architettonico dell'abbazia rivela la grandiosità e la funzionalità della struttura. Sul lato nord domina la possente chiesa a croce latina, con abside rettangolare e un transetto che testimonia la maestria dei costruttori medievali. Dirigendoci verso la parte settentrionale, possiamo ancora intravedere la porta dei morti, antico accesso che conduceva al cimitero monastico, trasmettendo una sensazione di mistero e sacralità. Mentre a sud, la scala del dormitorio ci invita a esplorare i resti delle antiche camere dei monaci, disposte su tre piani, dove i vecchi camini testimoniano delle vite vissute tra le mura dell'abbazia. Il chiostro, cuore pulsante della vita monastica, si erge con solennità al centro della struttura, circondato da eleganti colonnati che raccontano di secoli di preghiera e contemplazione. Qui, al centro, il pozzo e il lavabo rappresentano il simbolo della purificazione spirituale, mentre sul lato orientale, le tracce di integrazioni architettoniche locali aggiungono un tocco di autenticità e bellezza.

L'impianto stilistico dell'Abbazia riflette senza dubbio i principi artistici dell'ordine monastico, caratterizzati da razionalità e funzionalità, ma arricchiti da influenze architettoniche locali che conferiscono un carattere unico alla struttura.

Oltre alla sua importanza spirituale, l'abbazia era un centro vitale per l'attività economica della regione, con un mulino e una gualchiera alimentati dalle acque del fiume Corace che contribuivano alla fertilità dei terreni circostanti.

Dopo un secolo e mezzo di trascuratezza e silenzio, dal 1934 il sito è tutelato dallo Stato italiano (legge di Tutela n. 364 del 1909), ed è censito dalla FAI tra luoghi italiani da non dimenticare.

Oggi, visitare le rovine dell'Abbazia di Santa Maria di Corazzo significa immergersi in un viaggio attraverso il tempo, per scoprire le tracce di un passato ricco di fede, cultura e tradizione, che continua a ispirare i visitatori con la sua maestosità silenziosa.

Nascosta tra le pittoresche colline della Calabria sorge l'Abbazia di Santa Maria di Corazzo, un monumento che racconta secoli di storia e spiritualità. Tra i luoghi più suggestivi della nostra regione, fondato originariamente dai benedettini nel XI secolo sulle rive del fiume Corace, questo luogo sacro ha subìto diverse trasformazioni nel corso dei secoli.

Ricostruita con magnificenza dai cistercensi nel XII secolo, l'abbazia è stata sottoposta alle devastazioni della natura, prima con il terremoto del 1638 e poi con il disastroso sisma del 1783. Questi eventi hanno segnato un declino graduale, portando infine all'abbandono progressivo del monastero e al saccheggio delle sue preziose opere d'arte.

Le rovine dell'abbazia, testimoni mutevoli del passare del tempo, si ergono oggi a Castagna, una frazione di Carlopoli, al confine con Soveria Mannelli. È qui che la storia di Santa Maria di Corazzo si intreccia con quella di Gioacchino da Fiore, il quale indossò l'abito monacale e divenne presto abate del monastero.

In questo sito di pace e contemplazione, Gioacchino da Fiore scrisse le sue opere principali, assistito dagli scrivani Nicola e Giovanni. Tuttavia, la sua dedizione alla teologia lo portò spesso lontano dall'abbazia, fino a quando nel 1188 fu sollevato dal Papa dal suo incarico di guida, affiliando l'abbazia ai cistercensi di Fossanova.

Il legame tra Gioacchino da Fiore e Santa Maria di Corazzo si interruppe definitivamente quando il monaco si trasferì in un luogo di pace chiamato Pietralata, per poi fondare la Congregazione Florense a San Giovanni in Fiore nel 1189. Questa nuova congregazione religiosa, approvata da Papa Celestino III nel 1196, segnò una nuova fase nella storia dell'ordine monastico.

Dopo la morte di Gioacchino, l'abbazia fu oggetto di controversie per i diritti di proprietà, risolti grazie all'intervento del pater abbas sambucinese Bernardo e dell'imperatore Federico II, a favore della congregazione di San Giovanni in Fiore.

L'impianto architettonico dell'abbazia rivela la grandiosità e la funzionalità della struttura. Sul lato nord domina la possente chiesa a croce latina, con abside rettangolare e un transetto che testimonia la maestria dei costruttori medievali. Dirigendoci verso la parte settentrionale, possiamo ancora intravedere la porta dei morti, antico accesso che conduceva al cimitero monastico, trasmettendo una sensazione di mistero e sacralità. Mentre a sud, la scala del dormitorio ci invita a esplorare i resti delle antiche camere dei monaci, disposte su tre piani, dove i vecchi camini testimoniano delle vite vissute tra le mura dell'abbazia. Il chiostro, cuore pulsante della vita monastica, si erge con solennità al centro della struttura, circondato da eleganti colonnati che raccontano di secoli di preghiera e contemplazione. Qui, al centro, il pozzo e il lavabo rappresentano il simbolo della purificazione spirituale, mentre sul lato orientale, le tracce di integrazioni architettoniche locali aggiungono un tocco di autenticità e bellezza.

L'impianto stilistico dell'Abbazia riflette senza dubbio i principi artistici dell'ordine monastico, caratterizzati da razionalità e funzionalità, ma arricchiti da influenze architettoniche locali che conferiscono un carattere unico alla struttura.

Oltre alla sua importanza spirituale, l'abbazia era un centro vitale per l'attività economica della regione, con un mulino e una gualchiera alimentati dalle acque del fiume Corace che contribuivano alla fertilità dei terreni circostanti.

Dopo un secolo e mezzo di trascuratezza e silenzio, dal 1934 il sito è tutelato dallo Stato italiano (legge di Tutela n. 364 del 1909), ed è censito dalla FAI tra luoghi italiani da non dimenticare.

Oggi, le rovine dell'Abbazia di Santa Maria di Corazzo raccontano un passato ricco di fede, cultura e tradizione, che continua a ispirare i visitatori con la sua maestosità silenziosa.